Famiglia Cristiana OnLine

Sommario.

 

 
Cultura.
di Daniele Piccini - culturafc@stpauls.it


ANTICIPAZIONI
IL SORPRENDENTE POEMA DI ALDO NOVE SULLA MADONNA


COSÌ MARIA MI HA SEDOTTO

«Negli anni Novanta aveva senso esprimere la deriva morale, oggi ne ha di più recuperare la tradizione», racconta lo scrittore, giunto alla notorietà come "cannibale". E grazie al ricordo della nonna...

Da qualche mese se ne parlava: Aldo Nove (al secolo Antonello Satta Centanin, da Viggiù, Varese), autore giunto alla notorietà letteraria e mediatica con l’ondata dei "cannibali", stava per dare alle stampe un poemetto sulla Vergine. Ora Maria (Einaudi, collezione "bianca") è sugli scaffali delle librerie. Qualcuno aveva parlato di scandalo a rovescio, di una "conversione": semplificazioni giornalistiche. A leggerli, però, i trenta canti del poema sulla madre di Gesù (ciascuno in sette quartine di endecasillabi rimati) fanno la loro impressione. Passare dai raccontini cinici, minimali e senza fiato di Woobinda e Superwoobinda – specchio di una generazione nutrita di televisione e irrealtà –, al linguaggio poetico di una lunga tradizione, all’inno mariano, non è cosa da poco.

Lui, Aldo Nove, non si scompone: non c’è calcolo o contraddizione, dice, ma qualcosa d’altro. «Alla metà degli anni Novanta aveva un senso esprimere con dei racconti la deriva e la perdita di realtà. Adesso abbiamo tutti capito che cosa è successo. Ora siamo al gossip puro. La velocità della trasformazione è stata incredibile. La smaterializzazione delle notizie è violenta e cambia radicalmente dopo millenni il nostro senso delle cose. Un autore deve rimettersi in discussione quasi a ogni momento».

  • Per questo può servire, paradossalmente, tornare indietro?

«Sì, per trovare uno spessore che ci sottragga al puro presente. Al di fuori di un libro, oggi, quand’è che viviamo veramente qualcosa? Forse quando ci nasce un figlio o ci muore un genitore. Per il resto stiamo dentro una massa molliccia di tipo mediatico. Diversamente dal divertimentificio, la letteratura ha tempi lunghi, addirittura può trascendere i tempi umani: può permetterci di dialogare con uomini di secoli fa. Leggendo alcune pagine delle Confessioni di sant’Agostino, in cui si parla del paradosso del presente che fugge, che già non è più mentre lo si nomina, io posso dialogare con lui, provare commozione per quello che dice: questo è cultura, questo corto circuito amoroso tra vivi e morti».

  • Maria vive appunto di una lingua non schiacciata sul presente.

«Ho sempre avuto molta passione per l’italiano delle origini: un momento sorgivo, di incertezza della costruzione. Francesco e Iacopone parlavano una lingua popolare, sia nella struttura sia nel lessico. Poi ho avvertito fortemente il valore della litania, quasi della filastrocca: i ritmi sono una dimensione profonda, corporea. Il rosario è la preghiera cattolica più universale, è in qualche modo anche un mantra: si ripetono tante volte delle sequenze, il linguaggio non è più solo referenziale».

  • Si può dire che c’è l’espressione di un credo nella tua Maria?

«Mia nonna, Virginia Sabot in Centanin, a cui questo libro è ispirato, negli anni della mia ribellione giovanile mi comunicava con il suo rosario in mano una cosa forte: la fede vissuta da una donna "di un altro secolo" (era nata nel 1903). Non posso dire con leggerezza se c’è fede da parte mia. La letteratura è il confronto con l’altro: io ho voluto confrontarmi col mondo cattolico e contadino di mia nonna. Certamente sono stato travolto dalla bellezza dell’immagine di Maria: è una delle figure più "comprensive" della religione, la condividiamo anche con l’islam. Nella sua figura c’è l’abbraccio incondizionato. Credo che il mondo sia destinato all’incontro e Maria in questo senso ha un valore comune: perciò mi piaceva molto la fede mariana di Giovanni Paolo II».

  • Come è maturato il lavoro?

«Ho scritto il testo di getto, in poco tempo, dopo tre-quattro anni di preparazione, in cui aspettavo la tensione giusta. Ho letto i vangeli apocrifi, san Bernardo, le mistiche, teologi dissidenti come Boff e ho attinto a fonti letterarie, come l’Annunciazione di Rilke».

  • Ci si poteva attendere da Aldo Nove qualche forzatura. Invece…

«Sarebbe stato banale: non mi piace giocare così facile. L’arte del resto pone dei problemi oggettivi. E poi siamo nel 2007: il fotografo Andres Serrano faceva provocazioni con i simboli cattolici vent’anni fa. Credo che nello sfacelo di oggi abbia senso, all’opposto, un recupero della tradizione, che è il contrario della partigianeria. Ho fatto leggere Maria a Nanni Balestrini (uno dei corifei del Gruppo 63, ndr.): mi ha detto che rispetta il testo, che gli interessa…».

Daniele Piccini
   
   

‘‘Madre di Dio che in te è Dio diventato bambino, madre di tutto il creato: madre del bimbo che in te si è incarnato, madre dell’infinito generato.

Madre di ogni principio incominciato il giorno in cui il principio è penetrato in te che ogni principio hai abbracciato quando si è fatto piccolo, e hai allattato

il mutare dei secoli plasmato in te cingendo quello che è passato attraverso di te, per sempre amato divinamente a te connaturato:

per sempre in te divino trasformato. Madre di ogni secondo illuminato, madre del nuovo corso inaugurato in te, per te cresciuto ed educato

al mondo, madre dell’inaspettato disegno dal tuo corpo colorato da te sul mondo intero riversato in nuova luce al cielo ritornato.’’

tratto da "Maria" di Aldo Nove (Einaudi)


torna all'indice